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Enzo Bianchi "Il difficile compito della fraternità"

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La Repubblica - 30 novembre 2020
per gentile concessione dell’autore.

Passano i mesi e l’esperienza della pandemia continua a turbarci, a rendere faticoso il nostro vivere e convivere, facendo sorgere in noi interrogativi angosciosi e domande decisive. 
Che cosa diventa urgente quale impegno per il tempo presente e per il futuro che ci sta davanti? 
La risposta è certamente l’impegno alla fraternità e alla sororità, cioè l’assunzione di una responsabilità che ci rende custodi gli uni degli altri. Questo, tra l’altro, ci insegna la calamità che ci ha sorpresi, mettendo in evidenza la nostra fragilità e la nostra comunanza di destino: siamo tutti vulnerabili, siamo mortali, umani tratti dalla terra che alla terra ritornano. 
Questo è il fondamento della fraternità che tutti possono sentire e quindi assumere per prendersi cura di sé e degli altri, vivendo insieme e insieme abitando la terra come casa comune. La storia, infatti, mostra che a tale scopo non sono bastate né la paternità di Dio confessata dai credenti né altre trascendenze: la fraternità resta un compito, fragile, mai raggiunto in modo definitivo, perché fratelli e sorelle non si nasce ma si diventa. 
Certo, la fraternità è stata una “invenzione” del cristianesimo, anche se il sentire comune la colloca all’interno della celebre triade repubblicana. In verità, nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) erano menzionate la libertà e l’uguaglianza ma non la fraternità, perché non si dimenticava che quest’ultima era servita a giustificare la struttura oppressiva e ingiusta dell’Ancien Régime. 
E anche se ben presto la fraternità fu posta accanto alle altre due, mentre si combatteva per la libertà e l’uguaglianza conseguendo risultati precisi, la fraternità non ricevette l’attenzione e l’impegno necessari affinché le altre “sorelle” fossero affermate con un fondamento. Frédéric Boyer ha scritto con ragione: «La libertà, senza la coscienza di doverla condividere con l’altro, diventa violenza. E l’uguaglianza, senza la coscienza che è anzitutto per l’altro, diventa solitudine mortale. La fraternità è la più esigente, la più impellente, poiché riguarda la nostra condizione umana e i suoi limiti. 
Essere umani significa riconoscere l’altro come fratello o sorella». 
Anche Edgar Morin ci ricorda che «la libertà può essere istituita e l’uguaglianza imposta. La fraternità, invece, non si stabilisce con una legge. Viene da un’esperienza personale di solidarietà e di responsabilità. Da sola, la libertà uccide l’uguaglianza e l’uguaglianza imposta distrugge la libertà. Solo la fraternità permette di mantenere la libertà, continuando però la lotta per sopprimere le disuguaglianze». 
Sì, perché libertà e uguaglianza riguardano la sfera dei diritti, e per di più dei diritti dell’individuo, mentre la fraternità è un valore intrinseco alla convivenza, alla comunità. Papa Francesco, con la sua recente enciclica Fratelli tutti, è stato capace di chiedere a tutti e a ciascuno ciò che è necessario per salvarci insieme: la fraternità.
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