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Commenti Vangelo 14 aprile 2019 Domenica Palme

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SULLE VIE DELLA QUARESIMA

Domenica delle Palme
Passione secondo Luca

Un masso fatto rotolare all'entrata del sepolcro sembra mettere la parola fine alla vicenda umana di Gesù.
“Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato” scrive l'evangelista Luca, di cui si legge in questa domenica il racconto della Passione. La Parasceve, vigilia del sabato, giorno in cui tutto si preparava prima del riposo ebraico, porta in questo caso uno spiraglio di luce: le luci del sabato sembrano additare all'orizzonte il più grande evento della storia, inaudito, irripetibile, decisivo. Ma quel momento appare ancora lontano. Oggi è la Domenica delle Palme, di per sé un momento gioioso: Gerusalemme è in festa, non c'è tempo per rendersi conto della tragedia che incombe sulla città. Due scene diametralmente opposte documentate sullo stesso sfondo, a pochi giorni di distanza. La vicenda è nota. Prima la folla acclama il messia, lo riconosce come re, discendente di Davide, dunque inserito nella genealogia biblica, poi la stessa folla ne chiede la morte. La folla è un attore importante sulla scena, ha un suo ruolo determinante, non ha volto, ma la sua voce ottiene. Fa paura, quando prende possesso delle piazze e non accadeva, questo, soltanto allora. Gesù non ama il trionfo, si vede dall'umile asinello che cavalca, e chi in questo momento lo accoglie sembra, o forse è, sincero. Poi l'atmosfera si fa cupa nel cielo di Gerusalemme: si complotta, si producono false testimonianze contro Gesù. Quando l'animo umano si lascia prendere dagli istinti peggiori, diventa debole ed è un attimo trasformarsi da agnelli in lupi.
La lettura del testo che dal termine latino viene anche definito “Passio”, offre occasione per riflettere ogni anno sul cammino verso il Calvario, tappe, umiliazioni, sofferenze accettate e offerte da un Dio che vuole salvare l'uomo, pur senza che egli l'abbia meritato. Dal monte Sion, dove Gesù celebra un'Eucaristia che anticipa il mistero pasquale, il piccolo gregge degli apostoli, già privo di uno di loro, si dirige all'orto degli ulivi, meta amata dal Maestro, al di là del torrente Cedron. E lì, mentre gli occhi dei discepoli si appesantiscono cedendo al sonno, Gesù veglia, prega e, particolare riportato solo da Luca, gronda sangue per la sofferenza. Un angelo scende a confortarlo: attorniato dai suoi più fedeli seguaci, in realtà è totalmente solo. Si affida al Padre, lo supplica, ma accetta qualunque epilogo per una situazione che si fa di ora in ora più drammatica. Preghiera, fiducia in Dio Padre, perdono sono le espressioni visibili di un amore invisibile che permea di sé ogni gesto di Gesù fino a condurlo alle estreme conseguenze. Si parla della passione di Gesù, un termine che contiene nella profondità del suo significato non solo il senso della sofferenza in sé ma di una sofferenza determinata dall'amore, capace di dimenticare se stessi per donarsi.
E' un soffrire con amore, per amore.

In Quaresima coi ragazzi
Sfogliamo il racconto della Passione negli evangelisti.
“Dunque tu sei re” dice Pilato a Gesù.
“Se sei il figlio di Dio, scendi dalla croce. Salva te stesso e noi” gli dicono i due ladroni crocifissi accanto a lui. Bastava replicare, alla prima obiezione: “No, non ti preoccupare, non sono re” e alla seconda: “Certo che posso scendere dalla croce e salvare voi e me”. Parole dettate da opportunismo e tutto si sarebbe risolto. Ma Gesù non l'ha fatto. Perché?
Alla base di tutto c'è la sua coerenza, fino in fondo. E' venuto per testimoniare la verità, ha portato avanti le sue scelte senza scorciatoie, non ha voluto dimostrare niente, semplicemente offrire se stesso per riscattare l'uomo peccatore. Solo Dio poteva operare questa salvezza dell'uomo e Lui l'ha fatto. L'uomo non poteva salvarsi da solo.
Ecco, ai cristiani si chiede la stessa coerenza: la vita sia specchio dell'anima, le parole esprimano la sincerità dei pensieri e le azioni siano ispirate ai valori profondi a cui tutti, consapevoli o no, tendono. Se ci incamminiamo dietro a Gesù, se il suo messaggio ci ha convinto, i rami di ulivo e di palma che portiamo in chiesa oggi non siano una fugace adesione all'emozione del giorno ma segno di un impegno di vita che nel Venerdì Santo trova significato e speranza.

Paola Radif

pubblicato su Il Cittadino (Diocesi di Genova) del 14 aprile 2019

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