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Le meditazioni di Carlo Maria Martini su Maria Maddalena

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Si imparino a memoria i testi che riguardano la Maddalena
· Le meditazioni di Carlo Maria Martini ·

Il Vangelo non è semplicemente un libro: l’incontro con i suoi protagonisti lega fra loro i cristiani e rende decifrabile a ciascuno il proprio momento e la propria via.
Maria di Magdala, il cui cammino affascina e interroga da secoli credenti e non credenti, emerge più viva che mai dalle meditazioni di Carlo Maria Martini recentemente edite nel volume Maria Maddalena (Milano, Edizioni Terra Santa, 2018, pagine 160, euro 16) che sorprenderà anche i lettori più consueti del cardinale. Il biblista pastore dimostra infatti come le scienze esegetiche possano non disinnescare, ma anzi liberare l’energia interna del testo, connettendo la vita contemporanea a vicende narrate proprio affinché Dio continui a rivelarsi.

Martini ha educato i fedeli e le persone in cerca di un senso a entrare in diretto dialogo con le figure evangeliche, trovando in esse degli interlocutori reali, degli amici a cui portare le questioni del presente. «Ho pensato alle domande seguenti: Maria di Magdala, qual è stato il tuo principio e fondamento, cioè su che cosa si è basata la tua fede, nell’educazione di fede che certamente hai ricevuto? Una seconda domanda che vorrei fare a Maria di Magdala è questa: da dove vieni, che cosa ti è successo? Cosa erano questi sette demoni e come hai conosciuto Gesù dopo che ne sei stata liberata? E infine vorrei anche chiederle, se ne avremo tempo, come partecipava, leggeva, vedeva le piccole ambizioni, le invidie, i personalismi del gruppo apostolico di cui era testimone, come li guardava, come ci entrava dentro o ne stava fuori». Sono evidentemente problemi di oggi, che è giusto portare con sé nella lectio divina. La preghiera, infatti, non è mai senza un contesto, senza circostanze che invocano una parola di Dio mai del tutto ascoltata prima.

In Maria Maddalena si intrecciano così, pagina dopo pagina, il testo sacro e la sete spirituale delle donne cui si rivolge l’anziano cardinale. Rimaste inedite per alcuni anni, le meditazioni hanno origine, infatti, in uno degli ultimi corsi di esercizi spirituali da lui predicati. La trascrizione non nasconde l’affetto che scorre tra gli originari interlocutori, così che qualcosa dell’amore tra Gesù e le donne che lo seguivano riverbera nella loro comunicazione: «Ho accettato con molta gioia questo invito per rivedere voi, che riconosco tutte quante una per una. Vi riconosco nella vostra bellezza interiore ed esteriore, perché quando l’anima rimane nella sua costante proposta di servizio a Dio, rimane bella e questa bellezza si diffonde. Ammiro tutto questo in ciascuna di voi. Ripenso ai tanti tempi passati con voi dal 1980 fino ad oggi, con diverse vicende, ma sempre con l’aiuto del Signore. Quindi sono molto contento di rivedervi, vi voglio molto bene, vi tengo presenti da tanto tempo nella mia preghiera e ancora di più da oggi, anzi già da tempo prego per voi».

È insolito che un vescovo parli così a delle donne, eppure la sua libertà di esplicitare i propri sentimenti e più ancora il fatto stesso di provarne rendono onore alla novità del Vangelo. Il libro ci inserisce, infatti, in un’esperienza di maturità umana e cristiana in cui la missione condivisa ha generato comunione e reciprocità, senza romanticismi, a un livello d’intensità non comune tra persone adulte e tanto meno ecclesiastiche.

«Maria Maddalena, come cercavi tu il Signore, come lo hai proclamato, come lo hai conosciuto?», si domanda Martini, riportando l’Ordo Virginum ambrosiano alle radici del proprio carisma. Il metodo seguito dal predicatore è rigoroso e attraversa il testo biblico da cima a fondo, nel segno di una donna toccata nel cuore. «Io ho cercato un ordine abbastanza logico: i testi che parlano di fatti, i testi che parlano di sentimenti, i testi che parlano di concomitanze e affinità. Voi potete rileggerli altrimenti e soprattutto prestare molta attenzione anche ai brani paralleli (…) così da avere l’insieme della figura e lasciarvene in qualche modo illuminare, lasciare che penetri dentro di voi e chiedere come grazia di potere conoscere il cuore di Dio così come lei lo ha conosciuto, cioè con quella totalità, con quel soprassalto, con quel superamento di sé che è proprio del mistero divino».

Non preoccupa quindi il grande esegeta la possibile confusione tra le diverse Marie nominate nei vangeli: al contrario è come se l’una completasse l’altra, così che senza vivisezionare i testi ci si trovi, meditando su Maria Maddalena, «introdotti dalla sua storia nel cuore di Dio, nel cuore di Gesù, perché se è là che ha il suo luogo, essa è il segno dell’eccesso cristiano».

In tal senso, contro ogni approccio morbosamente curioso del male altrui, «possiamo capire la sua esperienza: sette demoni fanno un numero completo e indicano forse una serie di situazioni brutte e inguaribili, facendoci capire l’amore, l’affetto, la dedizione, la riconoscenza, la tenerezza di Maria verso Gesù. Ciò che è importante, dunque, non è determinare quali siano questi sette demoni, ma il contrario che ne è seguito, cioè la liberazione».

Nulla di agiografico in questo modo di accostare la Maddalena: emerge piuttosto il profilo di una donna su cui il Regno di Dio ha avuto un tale impatto da rivelarsi attrattivo di per se stesso. Nessuna Maria nei vangeli lega, infatti, qualcuno a sé: avviene invece che Gesù risulti in esse più trasparente, come un figlio unico, un maestro senza pari, un maschio nuovo.

Femminile è soprattutto la generosità della loro risposta: un movimento di totalità che sfida consuetudini e minacce. Ed è proprio la differenza sostanziale dalla lentezza degli apostoli a renderle rivelatrici dei tratti di Dio cui la maschilità istintivamente resiste. Osserva Martini: «Dio è dono di sé e io sono certo che tanti non capiscono Dio, non lo accettano, vivono in una forma di semi agnosticismo, perché non hanno mai saputo che cosa voglia dire un gesto di vera uscita da se stessi, un gesto di vero dono gratuito, perché è soltanto così che si intende, che c’è una qualche sintonia col mistero di Dio. Finché si pensa al mistero di Dio come qualcuno che sta in sé, che si tiene forte nei suoi privilegi, che è potente, che è capace di difendersi, di essere il primo, non si coglie; quando si percepisce invece qualcosa che si dona, che si sacrifica, si profonde per l’altro, allora entriamo. Tutte le volte che la persona è veramente ripiegata su se stessa, ciò che capisce del mistero di Dio è superstizione: è qualcosa di grandioso, di immenso, di adorabile, ma non è il mistero del Dio cristiano vero».

Si tratta di un modo di concepire Dio — spiega il cardinale — che in Israele resta sempre «in qualche modo elusivo, cioè non è mai definibile — “È così e basta” — ma rimango sempre col fiato sospeso, ricevo la sua azione di amore, chiedo il suo perdono, lo amo, lo adoro, ma poi non so mai come agirà. Poiché Egli è nella sua libertà e nel suo amore creativo e costruttivo», il che impedisce di trattarlo quasi «geometricamente o matematicamente: se è così, ne derivano A, B, C, o D e tutto è a posto. Invece no, Dio è colui che si dona, è colui che è appassionato, è colui che è pieno di passione, ora rovente ora furente: ecco, questo è il mistero di Dio come l’ha conosciuto Maria Maddalena e come lo conosce ogni buon ebreo».

Potremmo dire che Martini individui per questa via il nucleo cristocentrico dell’estasi evangelica: è come se nel gruppo di Gesù la componente femminile si rivelasse depositaria di ciò che in Dio è traboccante e al di là della media, esagerato, travalicante lo scambio do ut des. Si tratta del dare in perdita, dello squilibrio proprio della gratuità, «di qualcosa che esce dai binari ordinari della vita quotidiana in cui uno cerca di mantenere sempre l’uguaglianza». All’eccesso del male che è nel mondo — spiega il cardinale — si oppone l’eccesso del bene apparso nelle parole e nella vita di Gesù, ma anche nei comportamenti, al di là delle convenzioni e del senso della misura, di chi da lui si è lasciato amare.

La resistenza di Maria di Magdala sino ai piedi della croce va dunque oltre il puro affetto ed è indice di ciò che la Chiesa deve fin dall’origine alle donne sue membra. Il cardinale invita, ignazianamente, alla composizione di luogo: «Vorrei farvi passare davanti agli occhi queste immagini, immaginando di essere con Maria Maddalena, di vederle con lei e di capirle come lei le ha capite».

Ed eccoci restituita, ad esempio, la scena giovannea della divisione delle vesti tra i soldati. È uno dei passaggi del libro in cui maggiormente trapela la sensibilità di un uomo di Chiesa istruito dalla profondità femminile, di un pastore cioè che ha ascoltato e stimato le donne, riconoscendo loro, nel proprio ministero, il posto che hanno nel Nuovo Testamento. «Qui Maria Maddalena vede veramente che il suo amato è fatto a pezzi, perché attraverso questa divisione delle vesti è fatta a pezzi l’umanità di Gesù: non conta più nulla, non è più degno neanche di avere un vestito, quindi di vivere tra la gente: è espulso da questo mondo. Però Maria Maddalena ha qui una consolazione, perché questa tunica, fatta di un solo pezzo — tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo, senza cuciture — non viene divisa e forse Maria Maddalena la conosceva bene, forse l’aveva curata lei stessa, perché seguiva Gesù e faceva attenzione alle sue cose. E mentre soffre vedendo Gesù spogliato, sente nel suo cuore il mistero per cui Dio in qualche maniera mostra che questo Gesù non è eliminato del tutto, la sua vita non viene sparpagliata e buttata ai quattro venti, ma c’è qualcosa di lui che si conserva, come simbolo di quell’unità che poi i Padri hanno visto in questa veste inconsutile e non divisa. (…) E probabilmente, quando la Maddalena compie la sua opera di pacificazione, di ricucitura tra le varie membra della comunità, pensa a questo fatto, le è davanti come un modello, perché il Signore ha permesso che non avvenisse questo stracciamento: la Chiesa non deve essere stracciata, ma è una».

È evidente che i vangeli, ripercorsi con Maria di Magdala, smuovono la coscienza e la sintonizzano su frequenze inconsuete. Martini auspica che si imparino «quasi a memoria i testi che la riguardano, per poterli ripensare chiaramente»: egli ha in mente un vero e proprio abitare le Scritture in compagnia di coloro che da esse ci parlano. In un mondo bisognoso di ricuciture e di profonde guarigioni apparirà allora necessario che la vita delle comunità cristiane si strutturi, oltre che sugli aspetti gerarchici e funzionali, sulla capacità di attenzione e di amore senza calcolo che Gesù ha visto nelle sue discepole. È coltivando un’amicizia con loro che anche oggi «si rivela l’eccesso di Dio e si esce da quella gestione del divino che poi diventa anche gestione dell’umano attraverso forme di dominio, di soggiogamento, di possesso e non invece di dedizione e di capacità di promuovere l’altro».

Per la Chiesa è una purificazione continua — ecclesia semper reformanda — che ha bisogno, più che di quote rosa, di un ritorno ai vangeli. Sono infatti settanta volte sette i demoni da cui la Sposa di Cristo attende di essere liberata. E allora la sua bellezza risplenderà cento volte tanto rispetto a quella di chi, essendo stato perdonato di poco, ama poco.

di Sergio Massironi
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