Clicca

Gaetano Piccolo e Nicolas Steeves - L'arte difficile della predicazione

stampa la pagina
Gaetano Piccolo - Nicolas Steeves

E IO TI DICO: IMMAGINA!
L’arte difficile della predicazione

Prefazione di Bruno Cadorè (2017)

Manuale di predicazione per appassionare un uditorio sempre più esigente

Città Nuova Editrice

IL VOLUME
Tra le cause della fuga dei fedeli dalle assemblee dome­nicali c’è sicuramente l’insofferenza davanti a omelie terribilmente noiose, vuote, ripetitive, recitate senza convinzione. È vero che gli uditori sono abituati a forme comunicative così rapide e superficiali che è sempre più difficile catturarne l’attenzione. Ma tra il rinuncia­re a migliorare le proprie omelie e l’adeguarsi a uno stile comuni­cativo da talk show esiste forse un’altra via.

Questo libro nasce quale risposta all’appello che emerge dalle tante pagine che l’Evangelii gaudium dedica alla questione delle omelie.

GLI AUTORI
Gaetano Piccolo, gesuita, è docente di metafisica presso la facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana di Roma. Da anni cerca di integrare la riflessione filosofica con quel­la spirituale, attraverso incontri di formazione ed esercizi spirituali. Ha pubblicato: Leggersi dentro con il Vangelo di Matteo (Paoline 2016), Il predi­catore intelligente (San Paolo 2014), I processi di apprendimento in Agostino d’Ippona (Aracne 2014) Significato e interpretazione. Indagine sulla cono­scenza (Carocci 2011). Ha curato l’edizione Garzanti (diretta da Vito Mancuso) degli Esercizi spirituali di Ignazio di Loyola.

Nicolas Steeves gesuita, docente di teologia fonda­mentale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ha collaborato con Radio Vaticana per diversi programmi di divulgazione teologica e ha pubblicato, oltre a numerosi articoli di teologia o spiritualità, i volumi: Grâce à l’imagination: intégrer l’imagination en théologie fondamentale (Editions du Cerf, Parigi 2016); Le Vatican: du mythe à la réalité (Le Cavalier bleu, Parigi 2011).

LA COLLANA: Formazione cristiana e liturgia: Testi di approfondimento e strumenti per la cate­chesi, per la preghiera e funzioni liturgiche, che accompagnano il credente nella vita personale e comunitaria.

Alcuni estratti:
(...) Ogni predicatore è stato innanzitutto egli stesso uditore della Parola. Ogni predicatore è parte di una lunga catena di parola e di ascolto successivi. Questa catena, o meglio, questo fiume nasce dalla Parola espressa da Dio e scorre come una grande e potente cascata, che rinfresca e rinfranca, di generazione in generazione, salvando gli uomini.
Ogni predicazione cristiana è quindi erede di una grande e antica tradizione. Dal popolo della prima alleanza a quello della seconda si è conservata e ampliata l’usanza di proclamare la Parola di Dio e di commentarla. Non c’è Parola di Dio che possiamo sentire se non in parole umane. A volte ce ne dimentichiamo, fantasticando un accesso a una parola divina sublime e paradossalmente ineffabile, fuori dalla nostra comprensione lessicale e grammaticale ordinaria. Ma questo non è il modo della rivelazione ebraico-cristiana: la nostra fede si radica nella storia dell’auto-comunicazione di Dio all’uomo mediante parole umane. È una storia fattuale; è una storia narrata. In ogni caso è una storia tramandata da persone umane ad altre persone, talvolta a un prezzo molto alto, fino alla persecuzione e al martirio.

(...) In forte continuità col giudaismo, il cristianesimo ricevette la predicazione sinagogale. Gesù e i suoi discepoli assistevano alla liturgia della sinagoga e ne tramandarono quindi i grandi tratti ai primi cristiani. In Lc 4, 16-30 si vede Gesù stesso che commenta Is  61,  1-2 nella sinagoga di Cafarnao. Forse Gesù predicatore è una figura che siamo ben poco abituati a immaginarci. Magari la contemplazione ci porta più a rappresentare Gesù come guaritore, come partner di dialogo quotidiano, come guida spirituale o come maestro morale, o nei momenti più drammatici della sua passione, morte e risurrezione. Ci sono però momenti nella vita di Gesù, di cui i Vangeli ci danno testimonianza, dove egli predica propriamente sulla Parola di Dio scritta. Gesù senz’altro è un unicum: non solo è in sé la Parola di Dio, ma ce la rivela anche quando parla e infine quando commenta quella Parola scritta già ricevuta dal popolo della prima alleanza. In quanto Parola di Dio eterna e incarnata, è il Predicatore per eccellenza.

(...) – Assenza di messaggio centrale. La mancanza di preparazione ha spesso, per conseguenza, l’assenza di un messaggio centrale, anche se questo grande problema formale può capitare, purtroppo, anche quando l’omelia è stata preparata. Uno dei problemi più frequenti dei predicatori è quello di non sedersi con calma, prima di predicare, e chiedersi: «In poche parole, qual è il messaggio che voglio comunicare domenica prossima ai fedeli?» Se il predicatore non ha un’unica idea da comunicare alla gente, può essere sicurissimo che neanche la gente saprà, dopo l’omelia, di cosa ha voluto parlare. C’è in francese un’espressione crudele per designare un predicatore che ha parlato di tutto e di niente: «Ci ha predicato la religione», ha fatto cioè il giro dei misteri della fede, dalla SS. Trinità all’Immacolata, passando per l’Incarnazione, la Pasqua e i sacramenti in quindici minuti! È certo un grande sacrificio rassegnarsi ad affrontare una sola grande questione durante una predica. Ma il rischio, in caso contrario, è che i fedeli non si ricorderanno ciò che è stato detto. L’efficienza soteriologica della predicazione dipende in gran parte da una scelta limitata del tema affrontato nell’omelia.

(...) La fede religiosa quindi, che è basilarmente una fiducia negli altri, ovvero nel fatto che gli evangelisti dicono la verità, possiede la stessa qualità fiduciosa dell’ordinario fidarmi di me stesso o degli altri. Ora, se consideriamo la psicologia, dice Newman, vedremo che ciò che impedisce il nostro fidarci degli altri è l’orgoglio, poiché fidarsi confessa implicitamente la nostra inferiorità a coloro di cui ci fidiamo. Per quanto possiamo essere orgogliosi, la nostra esistenza dipende in ogni momento da altri esseri umani e, in ultima istanza, da Dio. La nostra coscienza ci chiede quindi sempre di obbedire a Dio. Se non ascoltiamo questa richiesta, il vero motivo della nostra sordità è il nostro orgoglio peccaminoso. «I nostri dubbi, se ne abbiamo, si scoprirà che sorgono dopo la disobbedienza; è soltanto la compagnia dei cattivi e dei libri corrotti che conducono alla incredulità. È il peccato che soffoca lo Spirito Santo». Un’affermazione forte, che contrasta il “liberalismo teologico”. È troppo travolgente?
Se guardiamo in noi e attorno a noi, la realtà spirituale e psicologica ci mostrerà che Newman va nella giusta direzione. Così possiamo approvare la sua conclusione: la fede religiosa salvifica è alla portata dell’uomo comune, ancora oggi.

(...) L’omileta si pone quindi davanti alla Parola di Dio non solo per studiarla e comprenderla, ma innanzitutto per lasciare che la Parola legga la sua vita. Ora, non è per niente scontato che questo possa effettivamente avvenire. Molte volte, infatti, siamo sordi alla voce del testo, perché non siamo consapevoli delle nostre precomprensioni. Proprio quando un testo sembra non dirmi niente, può essere opportuno chiedermi: cos’è che non voglio ascoltare? Quale aspetto della mia vita questo testo mette in questione? A che tipo di conversione personale sono chiamato io, prima ancora di chiamare io gli altri alla conversione? Oltre alla “deformazione” accademica legata al modo in cui si svolgono gli studi dei chierici e che porta all’errore dell’intellettualismo, cioè di omelie senza impatto etico-pratico, un approccio cerebrale al testo biblico è probabilmente anche il segno di una difesa personale. Probabilmente stiamo intuendo che quella Parola ci mette in crisi e non vogliamo proprio entrarci.
Un’immagine biblica che descrive questa difficoltosa dinamica è l’incontro di Gesù con la Samaritana (cf. Gv 4, 1-42). È un incontro che avviene a mezzogiorno, è il momento della luce piena, è un momento di rivelazione, non solo perché Gesù si rivela, ma anche perché rivelandosi permette alla donna di fare luce dentro se stessa. Anche l’omileta, proprio mentre cerca di conoscere di più la Parola che ha davanti, viene rivelato a se stesso. Ma questo scoprirsi davanti a Dio genera in noi anche delle resistenze: la donna samaritana, proprio mentre avverte questo svelamento, cerca di coprirsi, di difendersi, di creare una distanza, costruendo muri fatti di pensieri teologici preconfezionati. A volte anche l’omileta può essere tentato di costruire barriere fatte di precomprensioni teologiche astratte per impedire che la Parola tocchi innanzitutto la sua vita.

INDICE
Prefazione (di Bruno Cadoré) pag. 7

Introduzione » 11

1. Si predica non per scelta, ma in quanto convocati » 17
I predicatori dell’Antico Testamento: dai profeti ai commentatori della Scrittura » 17
I predicatori del Nuovo Testamento: Gesù; gli apostoli che evocano Gesù e convocano la Chiesa » 23
Il predicatore nel “primo manuale di omiletica” » 27
Gli antenati del predicatore moderno » 31

2. Si predica non tanto per sé, quanto per salvare chi ascolta » 33
L’urgenza attuale della predicazione » 33
L’urgenza della predicazione » 41
Dove casca l’asino » 41
Gli errori più comuni nelle prediche » 48
Cosa chiede chi ascolta » 48
Predicare per salvare » 58

3. L’omelia come evento comunicativo » 59
L’omelia ritorna al centro del dibattito » 59
La relazione dell’omileta con se stesso davanti a Dio: la preghiera » 60
La relazione dell’omileta con l’assemblea: ascoltare la realtà » 63
Prepararsi con l’orecchio » 67
L’arte della retorica: linguaggio, immagini e regole » 68
Immagini e regole flessibili » 75

4. Costruire un’omelia pag. 77
Come un corpo. Struttura retorica del discorso » 77
Del buon uso della retorica » 81
Ethos-Pathos-Logos » 92
Strutture possibili dell’omelia » 93
Struttura binaria: credere-agire/dogma-prassi/contemplazione-azione » 93
Struttura ternaria: silenzio-parola-silenzio » 95
Strutturare il discorso » 100
Come costruire un’omelia » 101
Del buon uso della retorica » 104

5. Predicare è re-immaginare » 105
E io ti dico: immagina! » 105
Immaginare senza intoppi » 107
Non sempre l’immaginazione è buona » 108
Immaginare sanamente » 110
Si deve predicare con l’immaginazione  » 110
Immaginare per incarnare  » 112
Come predicare con le immagini?  » 112
Immaginare concretamente  » 117

Conclusione  » 119
«Se non diventerete come i bambini»  » 119

Appendice

Scheda di autovalutazione  » 125

Qualche omelia con autovalutazione » 127
Non è colpa del vento! » 127
Matematica dell’amore  » 131
«Non temere, vermiciattolo di Giacobbe» (Is 41, 14) » 135
Senza amore, cos’è un miracolo? » 137

stampa la pagina



Gli ultimi 20 articoli