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Angelo Casati - La mia Milano che aspetta Francesco

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Don Angelo Casati, saggista e poeta, con i suoi 85 anni è una delle voci profetiche più ascoltate a Milano. Quando lo incontri, ti ritrovi davanti uno sguardo mite eppure radicale, lungamente allenato a raccogliere i segreti della città che si appresta a incontrare papa Francesco: «Dopo avere insegnato italiano ai giovani del Seminario sono stato a lungo parroco a Lecco e poi a Milano», racconta.
«La prima tentazione che ho avuto venendo qui è stata la voglia di scappare lontano. Questa sembrava la città dell’anonimato, dove nessuno conosceva nessuno. Poi, dando tempo al tempo, ho scoperto che anche in questa città nascono relazioni intense, solide, necessarie. Quella che il Papa incontrerà è una città da cui non si deve fuggire. È ricca di contraddizioni vitali, “benedetta e maledetta”, come diceva il titolo di un incontro voluto dal cardinale Martini».
Per aggiungere altri colori alla fotografia di questa città ricordo a don Angelo una sua domanda in poesia, nata dopo una serata in pizzeria: «E che sia questo il Vangelo? Il silenzio di pochi in una chiesa, il brulicare di voci in una pizzeria?». Dove incontriamo e dove dobbiamo vivere oggi il Vangelo noi milanesi, che siamo sempre in movimento? «Ho un carissimo amico, una persona profonda che legge anche i mistici cristiani e fa il parrucchiere nell’alta moda», risponde don Angelo. «Si è sposato due anni fa. Sua moglie lavora come fotografa e da poco hanno una bellissima bambina che hanno chiamato Francesca, come il Papa. Qualche giorno fa mi ha raccontato che una top model, mentre la stava preparando, è scoppiata a piangere: “Mi chiedono di essere diversa da come sono, non ci sto dentro”. Quella giovane donna, poco più che ventenne, si stava perdendo. E si è sfogata con il mio amico e sua moglie, mentre la truccavano per un servizio di moda. Probabilmente si è sentita accolta e ascoltata».
«Ecco», prosegue don Casati, «oggi il posto dei cristiani veri non è tanto nelle chiese, nelle celebrazioni, nei monasteri, ma ai crocicchi delle strade, come ha detto papa Francesco a Firenze. Il nostro primo compito non è attrarre la gente nelle nostre comunità, come in un porto riparato dai venti del mondo, ma stare dove le persone vivono, attenti prima di tutto ad ascoltare, a scoprire come lo Spirito ci ha già preceduti, a condividere le domande, cercando di lasciarci illuminare insieme dal Vangelo. Non so cosa il Papa ci dirà, ma il programma che si è scelto è già eloquente: andrà prima a incontrare alcune famiglie in un quartiere di periferia e poi ascolterà le persone che stanno in carcere, lì dove nascono più domande, più sfide a cambiare il nostro modo di essere cristiani».

AMARE E ABITARE

A gennaio don Angelo ha pubblicato il suo ultimo libricino, Innamorarsi, dove ha raccolto le sue omelie per i giovani sposi. La certezza e la solidità della vita – evidenzia nel libro – non vanno cercate tanto nella casa, neanche fosse in uno dei grattacieli del Bosco verticale di questa Milano rinnovata. La vita è un viaggio sempre provvisorio. Ogni giorno c’è una tenda da montare alla sera e da smontare il mattino dopo per ripartire: «Anche dal viaggio a Milano di Francesco, così capace di parlare linguaggi che arrivano immediatamente al cuore di tutti, possiamo imparare che la solidità del nostro vivere non sta nelle nostre costruzioni ma nel tenere vivo l’esserci l’uno per l’altro, con il cuore e non per abitudine, ovunque ci tocchi andare. La vita è un viaggio lungo, mai da fare in solitaria perché nelle nostre relazioni abita la tenda del Dio con noi. Come disse Rut a Noemi (Rut 1,16-17), così dice Dio a ciascuno di noi: “Dove tu andrai, anch’io verrò. Dove tu abiterai, anche io starò”».
A proposito di abitare, don Angelo vive in una parrocchia nel quadrilatero della moda, in via Monte Napoleone, uno dei luoghi-simbolo di Milano. Percorrendola si incontrano via Gesù e via Spirito Santo. Come a dire che tutte le strade sono campo per il Vangelo e il suo seme arriva ovunque. «Qui celebro la Messa, confesso e ho tutti i miei incontri, perché la vita è piena di relazioni. Senza i miei amici, senza le persone, io cosa sarei? Quando passo abbastanza veloce su questa via e lo sguardo incrocia i negozi, mi fa sempre un certo effetto vedere gli abiti sui manichini, che hanno una testa senza espressioni, rigida. È lì che bisogna mettere uno sguardo che possa far innamorare di una bellezza di cui tutti siamo in cerca, quella di un’anima, di una relazione. La bellezza è totale e ha il brivido della poesia».

LO SGUARDO DEL CUORE

Don Angelo ha una passione piena per lo sguardo incontrato e regalato: «Anche in confessionale, prima che la persona ti parli, è decisivo come l’hai guardata. Tutto cambia, se incontra uno sguardo accogliente e non inquisitorio». Lo sguardo che don Angelo cura di offrire è lo stesso sguardo evangelico che ha incontrato come preziosa compagnia di tutta una vita: «Una delle immagini evangeliche a me più care è quella del pastore buono: la sento molto vicina alla mia fragilità. È il pastore che rallenta il passo misurandolo sulla pecora gravida, ferita, stanca. Io sono oggi questa pecora un po’ fragile o stanca di anni. Ma non per questo Dio mi esclude dal suo amore. Anzi, penso che abbia una particolare predilezione per tutti quelli come me».
«Quando ero un chierichetto il mio anziano parroco iniziava la celebrazione dicendo: “introibo ad altare Dei” (mi accosterò all’altare di Dio) e la nostra risposta era: “Al Dio che rallegra la mia giovinezza”. Mi sono innamorato, per sempre, di questo Dio della giovinezza, del cammino e della ricerca».

IL PROFILO. SAGGISTA E POETA
Don Angelo Casati è stato insegnante nei seminari diocesani, vicario parrocchiale a San Giovanni di Busto Arsizio, poi parroco a San Giovanni di Lecco. Dal 1986 al 2008 è stato parroco della comunità parrocchiale di San Giovanni in Laterano a Milano. Tra i suoi ultimi lavori ricordiamo: Il sorriso di Dio (Il Saggiatore); Busso a una casa (Paoline); L’alfabeto di Dio (Il Saggiatore); Umiltà – Incontro con don Angelo Casati (Romena Accoglienza) e Innamorarsi (Qiqajon).

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