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La misericordia? Per Christian Albini era una questione di sguardi

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“Credo che quell’episodio del Vangelo sia paradigmatico dello stile di misericordia che Francesco ci vuole trasmettere, che non è altro che uno stile evangelico. Ed è lo stesso stile dimostrato dal Papa durante quest’Anno Santo nei suoi incontri e nelle occasioni di dialogo: lo stile basato su un incrocio di sguardi”. Così, il teologo Christian Albini, commentava il 15 dicembre 2016 la scelta del Papa di porre l’episodio dell’incontro fra Gesù e la peccatrice, descritto al capitolo 7 del vangelo di Luca, come icona dell’Anno Santo nella Lettera apostolica ‘Misericordia et Misera’.
Albini, marito e padre di famiglia, insegnante e teologo, coordinatore del centro di spiritualità della diocesi di Crema, aveva posto proprio quella pagina evangelica al centro della sua riflessione sull’arte della misericordia, in un libro pubblicato dalle edizioni Qiqajon in apertura del Giubileo. In occasione della sua tragica, improvvisa, prematura scomparsa, riproponiamo qui le sue parole.

L’arte di fare un passo in più
“L’arte della misericordia – spiegava – è qualcosa che si esercita in un lavoro interiore che poi si manifesta all’esterno. E questo lavoro interiore nasce proprio dall’educazione dello sguardo. In fondo, nell’episodio raccontato da Luca, Gesù ha uno sguardo diverso su una donna che per altri è una peccatrice. Lui, a differenza del fariseo che lo ospita, vede in lei una donna, una donna che vive qualcosa nel suo cuore”. “Allo stesso modo, andando a Cuba, a Lesbo, o in Svezia per incontrare i luterani, Francesco ci ha mostrato che uno sguardo che sa vedere l’altro al di là di pregiudizi, proiezioni e condizionamenti storici, riesce a fare un passo in più”.

Uno sguardo che educa
“Ecco in cosa consiste quest’arte della misericordia. Si tratta – spiegava ancora Christian – di assumere uno sguardo diverso che poi educa il nostro fare, il nostro operare, che poi è in grado di cambiare davvero le cose”. “Non a caso, gli episodi più rappresentativi dell’Anno Santo sono stati i ‘venerdì della misericordia’ del Papa. Non erano occasioni di protocollo, ma momenti in cui l’incontro con le persone prevaleva sull’ufficialità e le formalità. Ed erano incontri in cui la misericordia nasceva da uno sguardo”. Riflettendo sull’importanza del dialogo nel magistero di Papa Francesco, Albini sottolineava la necessità di riscoprire la teologia sottesa a questa prassi. “Dialogare – commentava – come ci ha spiegato Francesco, è qualcosa di intrinseco alla fede cristiana ed è una pista che la riflessione teologica deve ancora percorrere in modo approfondito”.

"Pensiamo solo a convertire il prossimo"
Christian Albini rifletteva anche sulle critiche rivolte al Papa da chi lo considera eccessivamente tollerante o permissivista. “E’ una tendenza che nasce da una certa immagine di Chiesa, vista esclusivamente come autorità o agenzia che regola e dirige le coscienze. In questo contesto è ovvio che l’agire e il parlare di Francesco siano inaccettabili. Ma la provocazione che viene dal suo Magistero è proprio quella di lasciarsi convertire radicalmente dal Vangelo”. “La conversione del cristiano nella Chiesa – spiegava Christian – è ancora un qualcosa a cui non siamo abituati. Pensiamo troppo a convertire gli altri e poco noi stessi. La misericordia a cui ci richiama il Papa, invece, è l’imperativo di mettersi in ascolto del Vangelo e convertire, prima di tutto, noi stessi”.

Educare al discernimento
A chi ritiene che il pontificato di Francesco abbia, in qualche modo, contribuito a rendere più confusi i credenti, Christian rispondeva così: “Credo che a essere più confusi siano i credenti abituati ad aspettarsi dalla Chiesa delle direttive, piuttosto che un’educazione della propria coscienza. D’altronde anche nell’Amoris laetitia il Papa ci invita ad educare le coscienze e non a controllarle. Ed è lì la chiave. La dottrina non è una sorte di gabbia in cui le persone vanno incasellate, ma qualcosa che dovrebbe animare la vita della Chiesa e delle persone. La confusione, vista da un’altra prospettiva, non è altro che l’esercizio del discernimento. Perché ci sono realtà, situazioni, vissuti – spiegava – che possono essere solo interpretati, approfonditi, riletti con sapienza e con sguardo evangelico, attraverso l’esercizio fondamentale del discernimento. E’ un compito indispensabile per ciascun credente e per tutta la comunità cristiana”.



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