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Commenti Vangelo 4 dicembre 2016 II Avvento

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Commento di Paola Radif
(uscito su Il Cittadino del 30 novembre 2016)
Vangelo: Mt 3, 1-12

Per i catechisti

“Comparve” Giovanni il Battista, dice il vangelo di oggi per introdurre la predicazione di questo importante personaggio, potremmo dire l'ultimo dei profeti, a ridosso della venuta del Cristo.
Con lui ha inizio la fase che è preludio all'evento della redenzione.
Lo sfondo è il deserto, il silenzio, l'essenzialità. Le parole sono poche, a volte anche dure, l'abbigliamento grezzo, il cibo scarso, quel che basta per vivere. Non era stato da meno il Figlio di Dio quando aprì i suoi occhi di neonato nel buio e nello squallore di una grotta di pastori.
Giovanni Battista porta avanti una pressante esortazione, rivolta a tutti: cambiare vita, ricominciare daccapo. Questo è sempre possibile, allora come oggi.
Non è un discorso nuovo, quello di Giovanni: riecheggia i grandi profeti precedenti, uno per tutti Isaia, che qui è citato. L'invito è a far ordine nella propria vita: raddrizzare le cose storte, appianare le asperità, farsi nuovi.
E dopo la prima fase, quella della proposta per la salvezza, arriva una ferma condanna dell'ipocrisia di chi si sente “ a posto” e non si mette in discussione. “Razza di vipere”, dice Giovanni senza mezzi termini a chi si autoassolve come giusto e non ritiene di dover cambiare.
Colui che Giovanni annuncia è, nelle sue parole, addirittura senza nome, tento grande è la reverenza che egli nutre nei suoi confronti. Il Battista non è degno di portargli i sandali, figuriamoci se può pronunciare il nome di Lui, che cielo e terra non possono contenere.
Il battesimo di conversione, significato dal lavacro in acqua, è un'altra cosa rispetto al Battesimo “in Spirito Santo e fuoco” che Gesù porterà a compimento nel mistero della sua morte e resurrezione.
Come in una partitura musicale, siamo di fronte a un “crescendo”: dal segno visibile al segno efficace. Dal battesimo che semplicemente indica e suggella una volontà di cambiare al Battesimo sacramento che opererà la salvezza.

Per i ragazzi

E' difficile che un Giovanni Battista possa fare proseliti tra i nostri giovani, tanto è lontano quel modello da ciò che oggi si vede e dunque dai modelli proposti dalla società. Se ciò che conta è l'immagine, Giovanni Battista è subito da scartare.
Ma, ecco il punto, tutto sta a prenderlo per un istante come riferimento e interrogarci sul perché egli si sia comportato così.
Era un uomo come tanti, figlio di una terra di agricoltori, di rispettabile e modesta famiglia, devota al culto, suo padre era sacerdote del tempio. Tutto regolare, niente di eccezionale.
Quello che lo rende eccezionale, oltre alla chiamata di Dio che ha operato in lui, è proprio la scelta dell'essenzialità. Che cosa vuol dire? Spostiamoci da lui a noi.
Siamo sicuri che la felicità venga dalle cose che abbiamo? Di certo non bastano. Appena abbiamo una cosa, ne vogliamo subito un'altra. E' vero? Allora dobbiamo rivolgere il nostro interesse anche a qualcos'altro, pur non disprezzando le cose belle che abbiamo e che ci servono. Che cos'è questo “altro”?
Un po' di tempo dedicato a un amico, un atto di pazienza verso il nonno, la proposta di aiutare mamma e papà, una cortesia in più, uno sgarbo in meno...
Ci sentiremo più contenti, più ricchi, più semplici, anche senza vestirci di peli di cammello e mangiando qualcosa di più che cavallette e miele.


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