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Buddha, Confucio, Cristo. La religione all'epoca Tang

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Corriere della sera, 21 luglio 2014 di PIETRO CITATI
Matteo Nicolini-Zani , La via radiosa per l'oriente
Matteo Nicolini-Zani , Monaci cristiani in terra cinese
dal sito del Monastero di Bose

Nel Medioevo, una lunghissima, lentissima via della seta (la via serica dei Romani) portava dalla Media e dalla Persia sino alla capitale cinese Chang'an, attraversando per migliaia di chilometri l'Asia centrale. C'erano anzi due vie della seta, una settentrionale e una meridionale, più deserta, che poi venne abbandonata. Prima di giungere in Cina, i viaggiatori sostavano nella vasta e ricca oasi del Turfan, dove vennero trovati frammenti cristiani scritti in siriaco e in sogdiano. La via della seta era affollatissima: la percorrevano mercanti con le loro merci, qualsiasi genere di merci, sul dorso di cavalli, asini muli e cammelli.
E accanto a loro poiché religione e commercio non erano divisi - missionari cristiani siro-orientali, missionari manichei, zoroastrani e buddhisti, che riflettevano e parlavano sulla religione, influenzandosi a vicenda. C'erano luoghi e simboli condivisi: una chiesa cristiana sorgeva vicino a un tempio buddhista; un cimitero era condiviso da zoroaslriani e cristiani; e la croce a braccia uguali, l'aureola e il fiore di loto erano segni comuni a cristiani manichei e buddhisti. Nel settimo secolo in Cina regnava la dinastia Tang, tollerante e cosmopolita.
Quando, nel 635, Aluoben, un missionario siro-orientale di nascita persiana, «avendo scrutato i segni delle nuvole azzurre, prese con sé le vere scritture e esaminando le note musicali dei venti» arrivò nella capitale cinese, venne accolto benevolmente dall'imperatore. Egli fece tradurre le scritture cristiane: le esaminò e promulgò un editto, accogliendo favorevolmente il culto cristiano. L'editto diceva: «Questi insegnamenti conducono alla salvezza tutte le creature, e da essi traggono benefici tutti gli uomini».
Nonostante l'ostilità dei taoisti e dei buddhisti, la nuova religione fu diffusa. Né i cristiani né l'imperatore né i nuovi fedeli definirono la religione appena giunta come cristiana, sebbene non avessero alcuna difficoltà a parlare del Cristo e del Messia. Il famosissimo testo della stele di Xi'an (781) dice: «Questa via vera e immutabile è trascendente e difficile da definire con un nome: tuttavia la sua efficace azione si manifesta in modo così luminoso che, sforzandosi di definirla, la chiamiamo col nome di religione della luce». Religione della luce fu dunque il nome del cristianesimo di epoca Tang. Viene subito alla mente il linguaggio del Daodejing: «Io non ne conosco il nome, ma la disegno con il nome di via»: una via che non poteva essere definita nella sua natura, ma soltanto nelle sue manifestazioni effettive.
Questi echi e aloni taoisti riaffiorano nella letteratura cristiana cinese: «Questa religione è non-azione misteriosa», «dimora nella quiete», «Non vi è nulla che la via non possa realizzare»; «quanto è vasta la via, e tuttavia resta impenetrabile nei suoi segreti». Quali siano i suoi colori e i suoi echi, la «religlone della luce» è vero cristianesimo: lo stesso che allora veniva praticato nella Siria, nella Mesopotamia e, con qualche sfumatura, a Bisanzio e in occidente. Esso è l'unico che la Cina abbia mai conosciuto: nove secoli più tardi, la religione annunciata dal gesuita Matteo Ricci non è cristianesimo, perché abolisce l'incarnazlone e la passione di Gesù: ma è piuttosto una morale stoico-confuciana, con la quale Ricci cercò, invano, di essere compreso dai mandarini.
I testi cristiani dell'epoca Tang sono disseminati di esattissime citazioni dai Vangeli, come quella famosissima:«Guardate gli uccelli: non seminano e non mietono, né hanno granai o magazzini, e l'Unico non fa mancare loro cibi e bevande; essi non arano e non lavorano, né si preoccupano dei vestiti. Ora, la vostra posizione supera quella di tutti loro: per questo non preoccupatevi di voi stessi» (Mt. 6,25-32). Il testo cristiano principale è la stele di Xi'an, eretta nel 781 e riscoperta nel 1623. La stele è bellissima. Nella parte sopra il testo, due dragoni senza corna sono intrecciati, e con le zampe posteriori tengono tra gli artigli una grossa perla.
Nella parte alata del cartiglio è incisa una croce con quattro braccia che si allargano alle estremità terminando ciascuna con tre perle; la perla centrale del braccio superiore fiammeggia. La croce posa su una base di nubi, figurate secondo l'iconografia taoista: è fiancheggiata da gigli, e poggia su un fiore di loto, elemento in origine buddhista. Altri testi cristiani (cartacei) sono: l'Inno di lode e invocazione alle tre maestà della religione della luce; Discorso sul Dio uno; Libro sull'ascolto del Messia; Libro sulla realizzazione della pace e della gioia profonda; Libro sulla religione della luce di Da Qin sul disvelamento dell'origine.
Tutti questi testi sono compresi in un libro eccellente: La via radiosa per l'Oriente di Matteo Nicolini-Zani (Edizioni Qiqajon, 2006), a cui in questi giorni fa seguito Monaci cristiani in terra cinese (Edizioni Qiqajon, Comunità di Bose, pp. 162, € 45). Il Dio della stele di Xi'an è simile a quello della tradizione cristiana influenzata da Dionigi Areopagita: «Un Essere eterno nella sua verità e quiete, senza origine e al di qua di ogni inizio, insondabile nella sua spiritualità e immortalità, Essere trascendente al di là di ogni fine». Come dice il Vangelo di Giovanni, Dio è invisibile: simile all'anima e al vento; «il suo aspetto è come il vento: chi può vedere il vento?». Il luogo che occupa non ha confini spaziali né punto di inizio. Sta al di là degli opposti: vive costantemente nella quiete.
I nomi della Trinità sono quelli che conosciamo: «Padre misericordioso, Figlio luminoso, Spirito puro»; e le tre persone coesistono in una sola sostanza. Tracciando una croce, Dio separa le quattro regioni dello spazio: una croce cosmologica, che non appare nella Genesi. Oltre a Messia e a Cristo, Gesù viene chiamato il Venerabile (termine buddhista): «il re della dottrina della luce penetrante», «il Signore di tutta la realtà». Tutto ciò che i vangeli dicono sull'incarnazione e passione viene ripetuto nella stele: Gesù nasce a Gerusalemme (non a Betlemme): accoglie la sofferenza, e si lascia «appendere» sulla croce per riscattare i peccati.
Ma possiede anche qualità buddhiste: «Te lo ripeto ancora, Simon Pietro, egli diceva: grazie al mio modo di percezione visiva, posso vedere senza impedimento ogni forma; grazie al mio modo di percezione uditiva, posso sentire senza impedimento ogni suono; grazie al mio modo di percezione olfattiva, posso cogliere senza impedimento ogni profumo; grazie al mio modo di percezione tattile, posso percepire senza impedimento ogni forma; grazie al mio modo di percezione spirituale, posso penetrare senza impedimento in ogni oggetto di coscienza».
I monaci siro-orientali non potevano escludere, sebbene i Vangeli non lo dicessero, che Gesù possedesse questi doni sensibili e ultrasensibili. il cristianesimo Tang viene espresso attraverso una continua rifrazione: taoista, e soprattutto buddhista; qualcosa di simile a ciò che accade al cristianesimo originario, quando, nel terzo e nel quarto secolo, l'aramaico e il greco dei Vangeli vennero sostituiti dal latino, creando non pochi problemi ai traduttori. Si aggiunga che, in Cina, esisteva una profonda tendenza alla ibridazione religiosa: il buddhismo, giunto in Cina, si aprì alla espressione filosofica taoista e se ne lasciò fecondare; e il manicheismo si vesti di abiti taoisti e buddhisti.
Così il buddhismo diventò il veicolo per l'assorbimento del cristianesimo: nella stele di Xl'an, tutto sembra buddhista, ma resta profondamente cristiano. Certo, ci sono aggiunte estranee al cristianesimo: il samsara, il ciclo della rinascita, Il mondo come realtà fittizia, la vacuità, l'assenza di desiderio, resistenza che nasce dalla negazione dell'esistenza. Questi meravigllosi interventi buddhisti non mi danno fastidio, e nemmeno a Matteo Nicolini-Zani. L'epoca dell'incontro tra cristianesimo e buddhismo era conclusa. Quando un cristianesimo, molto più adulterato, tornò in Cina nel sedicesimo secolo, Matteo Ricci assalì il buddhismo e il taoismo come culture idolatriche.
Osò vedere nei bonzi buddhisti «una ribaldaglia di gente vilissima»: selvaggi e feroci asceti medioevali che mascheravano sotto un aspetto grave ogni specie di vizi: chiudevano nei sotterranei dei conventi fanciulle rapite, come i frati domenicani che qualche secolo dopo inventò l'immaginazione di Sade; e videro in loro, con i loro abiti fino alle calcagna e le maniche lunghe, la contraffazione demoniaca dei monaci cristiani. In tempi vicino a noi, persino un Papa di grande intelligenza e cultura come Giovanni Paolo II non celò la sua scarsissima simpatia per il buddhismo. Un aspetto singolare del cristianesimo Tang è il suo rapporto con l'imperatore cinese, di origine divina.
Un ritratto dell'imperatore - dice la stele di Xi'an - «Venne collocato sulle mura del monastero di Da Qin: la sua bellezza celeste apparve in brillanti colori: il suo splendore si irradiò sulla porta del tempio della religione della luce; la sua fattezza esercitava una benefica influenza ed illuminava in eterno la dottrina». «I preziosi ornamenti imperiali erano scintillanti come il piumaggio di un martin pescatore, rilucenti come il bagliore di luce rosata al tramonto. Le iscrizioni imperiali pervadevano con il loro fulgore gli ampi spazi, giungendo quasi a sfidare il sole». L'imperatore era obbedito, esaltato, venerato, come fondamento di ogni realtà e di ogni religione.
Mai il cristianesimo, nemmeno in epoca bizantina, portò così avanti la considerazione di ceux qui nous gouvernent. Il cristianesimo Tang durò due secoli. Nell' 843, fu scatenata la persecuzione contro i manichei. La persecuzione dell'845 colpì sia i buddhisti sia gli zoroastrlani e i cristiani. Un editto proclamò che «a queste dottrine eretiche non può essere permesso di sopravvivere».
La meravigliosa tolleranza Tang era finita. Non c'erano più i «brillanti colori» dell'imperatore - scintillanti come il piumaggio del martin pescatore, rilucenti come i bagliori di luce rosata del tramonto. Quando, nel 987, una comunità siro-orientale andò in Cina, riferì che «i cristiani della Cina erano spariti e periti per diversi motivi e che, nell'intero paese, ne rimaneva soltanto uno». 
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